Una nuova stagione per le Alpi?
Ostana-Valcanover-m

L'abitato di Ostana (Cuneo)

Con l’avvicinarsi del seminario organizzato da Consulta AL “La città che sale: il monte che resiste? Vivere la montagna, vivere in montagna: strategie di rilancio per le terre alte”, previsto il 24 e 25 settembre al Rifugio Carlo Porta di Pian dei Resinelli (Lecco), il curatore scientifico associazione Cantieri d’Alta quota ci accompagna con una selezione di brevi testi d’approfondimento tratti dalle molte pubblicazioni recenti in tema di contemporaneità alpina e architettura.

Il secondo è un testo di Antonio De Rossi, Professore Ordinario di Progettazione architettonica al Politecnico di Torino e direttore dello IAM-Istituto di Architettura Montana che sarà relatore al convegno. Il testo è tratto da Alpi e Architettura. Patrimonio, progetto, sviluppo locale, atti del convegno a cura di Davide Del Curto, Roberto Dini e Giacomo Menini (Mimesis, Milano 2016)

 

La crisi che si sta attraversando, geografie in forte mutazione e il dinamismo progettuale di alcune realtà pongono alle montagne un tema inedito: come ritornare a essere un territorio dell’abitare

Forse il paradigma delle “Alpi patrimonio” sembra conoscere, dopo più di tre decenni di vita, la sua fase discendente. Nato in contrapposizione al processo di turistificazione industriale delle montagne, parallelo al fenomeno di spopolamento, che ha costituito il leitmotiv alpino del “secolo breve” e della fase del fordismo urbano, il paradigma delle “Alpi patrimonio” è venuto a fondarsi sulla centralità dell’attore pubblico e su rilevanti finanziamenti in particolare di matrice europea, avendo al centro un’idea precisa: puntare sulla valorizzazione e la patrimonializzazione delle eredità materiali e culturali (storia, tradizioni, prodotti locali, architettura rurale, turismo soft, ecc.) come “piattaforma” per far fuoriuscire le aree non sog­gette ai processi di sviluppo turistico dalla loro marginalità.

Questa stagione, che indubbiamente è stata importante, e che ha comportato anche una nuova autoconsapevolezza autoctona, ha col tempo dimostrato una serie di limiti. Innanzitutto la centralità nuovamente attribuita al tema del turismo. E soprattutto un’idea di progetto contemporaneo delle montagne fondata essenzialmente su elementi del passato, a partire da “materialità” e valori simbolici tutti inscritti nel retaggio della civiltà alpina storica. Come se fosse impossibile costruire nuove valenze della montagna.

La crisi strutturale odierna, il venir meno dell’azione pubblica, il dinamismo certamente di nicchia ma comunque pionieristico e innovativo di alcune progettualità locali proprio nei luoghi fino a poco tempo fa ritenuti maggiormente marginali, mostrano geografie (di attori, di luoghi, di valori) in forte mutazione. Non più semplice playground turistico, le Alpi di oggi pongono un tema per molti versi inedito: come ritornare a essere un territorio tout court dell’abitare.

In tutto questo la nuova architettura alpina, il progetto di paesaggio, le progettualità fisiche intrecciate con quelle economiche e culturali, la cura dell’ambiente e la valorizzazione delle risorse proprie della montagna (acqua, legno, agricoltura, ecc.) giocano un ruolo particolarmente rilevante.

Da questo punto di vista, è sufficiente una rassegna delle progettualità maggiormente innovative per cogliere il nuovo nesso che lega progetti fisici e nuove ipotesi di sviluppo e di identità della montagna. Se per Carlo Mollino l’architettura alpina, in pieno Novecento, era un “filtro” capace di trasformare i cittadini in sciatori, ora tocca alla nuova architettura di montagna tradurre in pratica concreta i nuovi temi delle Alpi come territorio dell’abitare.

Sotto questo profilo le Alpi ripropongono nuovamente - secondo un’immagine messa a fuoco per la prima volta da Horace-Bénédict de Saussure - la loro natura di “laboratorio strategico”. È sulle Alpi che possono essere sperimentati nuovi modelli di sviluppo, capaci di conciliare crescita e qualità, innovazione e valorizzazione delle eredità. È sulle Alpi che può essere costruito un nuovo patto tra montagne e città, unica strada percorribile per sfuggire - come ha ricordato Enrico Camanni in La nuova vita delle Alpi - alla falsa alternativa tra trasformazione e conservazione.


 

09 Giugno 2021

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