© STW Architects/Bouygues UK
Dal 1° gennaio l’utilizzo del Building Information Modeling è diventato obbligatorio per la gestione di tutti gli appalti di opere pubbliche di importi superiori ai 100 milioni di euro. L’obbligo, stabilito dal cosiddetto “decreto BIM”, il DM 560/2017, coinvolge sia i professionisti attivi nella progettazione che tutte le stazioni appaltanti, che dovranno essere in grado di gestire le procedure nel modo corretto.
Il decreto si applica a tutti i “lavori complessi” definiti dall’articolo 3, comma 1, lettera oo) del Codice dei Contratti pubblici. Sono i lavori “caratterizzati da elevato contenuto tecnologico o da una significativa interconnessione degli aspetti architettonici, strutturali e tecnologici ovvero da rilevanti difficoltà realizzative dal punto di vista impiantistico-tecnologico” e i lavori per i quali si richieda un elevato livello di conoscenza finalizzata principalmente a mitigare il rischio di allungamento dei tempi contrattuali o il superamento dei costi previsti.
Mentre l’articolo 3 stabilisce gli adempimenti delle stazioni appaltanti relativi ai programmi di formazione del personale, l’acquisizione di adeguati strumenti hardware e software (anche a titolo non oneroso) e la definizione di organigrammi per la gestione interna delle procedure, l’articolo 6 definisce nel dettaglio i tempi di un’introduzione obbligatoria progressiva del BIM negli appalti pubblici, fissando nel 1° gennaio 2025 il limite oltre il quale tutti i lavori di tutti gli importi dovranno obbligatoriamente essere gestiti con quelli che il decreto definisce i “metodi e strumenti elettronici di modellazione per l’edilizia e le infrastrutture”: