2024 ACE Sector Study: come stanno gli architetti in Europa?
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Il Consiglio degli Architetti d’Europa (ACE) ha diffuso il suo Sector Study 2024, arrivato alla nona edizione. La ricerca, la principale indagine sull’architettura in Europa, ha coinvolto quasi 26.000 architetti in 27 paesi, con l’obiettivo di fornire un’analisi dettagliata delle condizioni economiche, professionali e sociali del settore. All'interno di questo panorama, l’Italia presenta alcune caratteristiche distintive che riflettono sia criticità storiche sia elementi di potenziale trasformazione.

Contesto generale
Nel 2024, il settore dell’architettura in Europa si mostra in ripresa rispetto agli anni precedenti, sebbene con alcune ombre. Il fatturato complessivo è in crescita (+6% rispetto al 2022), così come il numero di architetti (con un totale stimato di circa 625.000 professionisti). Tuttavia, permangono squilibri regionali, una crescita inflazionistica che ha eroso parte del potere d’acquisto e un forte divario tra studi grandi e piccoli. Il settore appare inoltre ancora fortemente segnato da una prevalenza di liberi professionisti e da una tendenza alla polarizzazione tra studi altamente redditizi e quelli marginali.

In Italia, una professione in affanno
Il paese si distingue nel quadro europeo per un insieme di dati che riflettono le difficoltà strutturali della professione architettonica.
Il primo punto critico è rappresentato dal numero di architetti: l’Italia è il Paese con il maggior numero di architetti in assoluto (quasi 155.000), che rappresentano il 25% del totale europeo. Tuttavia, il rapporto tra architetti e popolazione è il secondo più alto dopo la Grecia (circa 1 architetto ogni 386 abitanti). Alti numero significano forte competizione interna e redditi medi sempre più bassi. Gli architetti italiani dichiarano circa 18.000 euro netti all’anno, cifra che li posiziona nelle posizioni inferiori dell’ideale classifica. Questo valore è inferiore non solo rispetto alla media europea (che si aggira intorno ai 30.000 euro), ma anche a quello di paesi con economie comparabili, come la Francia o la Spagna.
Tanti architetti, bassi redditi a cui si affianca la scarsità di opportunità e bassi livelli di soddisfazione professionale. Solo il 35% si dichiara infatti soddisfatto della propria situazione, rispetto al 63% della media UE.
Guardando invece all’età e al genere, il settore italiano continua a essere dominato da architetti relativamente giovani (età media: 47 anni), ma con una crescente partecipazione femminile (circa il 44%). Tuttavia, le donne guadagnano in media il 29% in meno rispetto ai colleghi maschi, riflettendo una significativa disparità di genere.

Tipologie di attività e struttura degli studi
Gli architetti italiani operano prevalentemente come liberi professionisti: circa l’89% lavora in modo autonomo, spesso in microstudi (1-2 persone). Solo il 7% è impiegato nel settore pubblico o in studi di grandi dimensioni. Le principali attività svolte restano la progettazione residenziale (65%) e la ristrutturazione (59%), mentre sono marginali le attività legate alla sostenibilità ambientale, digitalizzazione e progettazione integrata, nonostante la crescente domanda europea in questi ambiti.
L'adozione di strumenti come il BIM (Building Information Modeling) rimane bassa, con solo il 19% degli architetti italiani che dichiara di utilizzarlo regolarmente, a fronte di percentuali molto più alte in paesi come la Danimarca o la Finlandia.

Formazione e competenze
Dal punto di vista formativo, gli architetti italiani risultano ben preparati sotto il profilo tecnico e teorico, ma segnalano carenze nell’acquisizione di competenze manageriali, economiche e digitali. Il sistema universitario italiano continua a produrre un elevato numero di laureati in architettura, ma non li dota sempre degli strumenti necessari per affrontare un mercato del lavoro profondamente cambiato.

Sfide e prospettive future
Il rapporto ACE identifica alcune sfide cruciali per il futuro del settore in Europa e, in modo particolarmente acuto, per l’Italia. Al primo posto, la transizione ecologica: mentre cresce la domanda di competenze legate alla sostenibilità e all’efficienza energetica, gli architetti italiani sono ancora poco coinvolti in progetti orientati alla transizione verde. La mancanza di incentivi stabili e una burocrazia complessa ostacolano l’adozione di buone pratiche. Segue la digitalizzazione, con l’Italia che mostra ritardi significativi nell’integrazione di strumenti digitali nella pratica quotidiana. Questo limita la competitività internazionale degli studi italiani e la loro capacità di partecipare a bandi europei. Nodale è anche il tema del riconoscimento sociale della professione, soprattutto in relazione al ruolo che l’architettura può svolgere nella rigenerazione urbana e nella coesione sociale.

Per maggiori informazioni » ace-cae.eu/publication/ace-2024-sector-study

03 Maggio 2025

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